venerdì 6 ottobre 2017

Cinema : " Godi-ti lo spettacolo" ...




A Lecce la pizza di 400gradi pizzaioli veraci, la trovi anche nel centro storico... Ma in teglia!



Da gustare tutte le sere in un ambiente informale e innovativo!




Complimenti ad Andrea Godi!

"Andrea Godi, 27 anni, nato a Novoli, Lecce. È la città della Focàra, il più grande falò del Mediterraneo che il 16 gennaio illumina la notte del Salento per devozione a Sant'Antonio Abate. È la città dove Antonio Godi, padre di Andrea, ha tirato su tre figli prima da venditore ambulante di panini, poi in una pizzeria da asporto e poi in un’altra pizzeria ancora, ma finalmente con i posti a sedere. “Ci sono cresciuto là dentro. Chiudevo i cartoni, mettevo la rucola sulla pizza”. Godi junior ricorda, ride e confessa: “Odiavo la pizzeria”. 
Si iscrive all’alberghiero Columella di Lecce, intascato il diploma se ne va a bottega. “Lavorai in una pizzeria che non era quella di famiglia, nel frattempo mio padre aveva cambiato lavoro. Per otto mesi feci tutto, dico tutto io, ma di stipendi me ne pagarono solo due. E così decisi di chiuderla lì e andare a fare l’agente immobiliare. Mi piaceva un sacco e guadagnavo bene. Ma non so per quale misteriosa ragione a un certo punto decisi di andare a fare un corso a Napoli”. Il richiamo del sangue. Forse semplicemente un’attitudine, a ciascuno la sua.
Certo è che l’incontro con l’associazione Verace pizza napoletana è folgorante: “Mi si aprì un mondo fino a quel momento sconosciuto. Lì ho capito che avrei voluto fare il pizzaiolo per il resto della mia vita”. La folgorazione porta i nomi di un paio di esempi monumentali. Quello di Attilio Bachetti, dominus di Pignasecca a Napoli e quello di Renato Bosco, maestro del Saporè a Verona. “Gente che ti trasmette delle tecniche sì, ma soprattutto una passione che brucia”.


Certo è che l’incontro con l’associazione Verace pizza napoletana è folgorante: “Mi si aprì un mondo fino a quel momento sconosciuto. Lì ho capito che avrei voluto fare il pizzaiolo per il resto della mia vita”. La folgorazione porta i nomi di un paio di esempi monumentali. Quello di Attilio Bachetti, dominus di Pignasecca a Napoli e quello di Renato Bosco, maestro del Saporè a Verona. “Gente che ti trasmette delle tecniche sì, ma soprattutto una passione che brucia”.

Alla temperatura costante di 400 gradi. Così si chiama l’opera prima di Godi figlio, al civico 4d di via Adriatica a Lecce. E' la cifrai deale per la cottura della pizza, misurata in Celsius. Vale per il forno a legna, quello elettrico e pure quello a gas. Il suo è il primo prototipo al mondo certificato dall'associazione Verace pizza napoletana. “La legna è romantica, certo, affascinante. Ma i camini in città sono ormai vietati e il gas garantisce una costanza nella qualità che è stato il nostro primo punto di forza”, spiega il pizzaiolo con un destino nel nome e una quota di pragmatismo come solo i millenial. “E poi – aggiunge – il gas metano è ecologico e pulito, non inquina. Vuoi mettere?”.

“Da quando abbiamo aperto ho provato almeno una quarantina di mulini differenti. Ho fatto una marea di prove, la ricerca delle farine è in continua evoluzione. Le mie sono quelle macinate a pietra con germe di grano soprattutto di tipo uno e due”, e i mulini che hanno capito la stazza del pizzaiolo se lo contendono come brand ambassador. Ma lui: “Provo tutto e continuo a provare, difficilmente stringerò un patto di sangue eterno con un'azienda qualunque”.

La scelta dei prodotti è frutto di un confronto serrato con Luciana, sorella e socia alla pari insieme al cognato Emanuele Ciccarese (che si occupa della parte contabile). Ma è la donna di casa la cercatrice d’oro in costante dialogo con i produttori. Come i casari che fanno la mozzarella di 400 gradi: “E’ la Magnifica di Leverano, casari onesti. Hanno un loro allevamento ma la produzione non basta e due volte alla settimana si approvvigionano in Alto Adige. Mentre il pomodoro, beh, quello l’ho scoperto davvero per caso”.

Il cornicione delle prime prove era, come dire?, di quelli impotenti: “Non s’alzava. E poi è successo il miracolo, per caso. Un giorno avevo finito il pomodoro e andai a comprarlo al supermercato, presi il migliore San Marzano che trovai e, bingo! Era quella la cultivar che mi garantiva l'acidità perfetta per andare a nozze con la mozzarella. Fondamentale in fase di cottura: l'acidità del pomodoro ha una reazione chimica con l'impasto che permette al cornicione di conquistare l’altezza giusta”.


Fonte Identitagolose.it